Pubblicato in Ratio News
La seconda parte del documento pubblicato dal CNDCEC sull`Informativa e valutazione della crisi d`impresa, di matrice economico-aziendale, illustra nel dettaglio la relazione che vige tra il concetto di crisi e il concetto di insolvenza. Evidenziando come i due concetti non debbano essere sovrapposti o confusi.
Il documento del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti sottolinea che la manifestazione di uno stato di insolvenza, ossia l`incapacità finanziaria dell`azienda di adempiere alle proprie obbligazioni, rappresenta in maniera certa uno stato di crisi, ma non coincide con il concetto di crisi.
Non è infatti detto che uno stato di crisi conduca necessariamente allo stato di insolvenza. A tale proposito in nota si rimanda ai quattro stadi di crisi d`impresa individuati da Guatri, ossia un primo stadio definito incubazione, la fase in cui si manifestano i primi segnali di inefficienza, un secondo stadio in cui si hanno le prime manifestazioni della crisi, intesa come intaccamento delle risorse aziendali, un terzo stadio che conduce ai primi gravi squilibri finanziari con conseguenti riflessi sulla fiducia dei vari stakeholder e, infine, un quarto stadio, conclusivo, nel quale insorge l`insolvenza e il dissesto.
Lo stato di crisi, pertanto, non necessariamente conduce allo stato di insolvenza, bensì lo stato di insolvenza è effetto dello stato di crisi.
I due fenomeni in questione non devono, e non possono, essere confusi, e inoltre non possono essere esaminati attraverso gli stessi strumenti di indagine. Lo stato di insolvenza, anche potenziale, infatti, può essere accertato “ex post” attraverso i dati contabili; si pensi a tutti gli indicatori sulla situazione finanziaria dell`impresa volti ad individuare uno stato di tensione finanziaria. Al contrario la crisi non è indagabile attraverso una visione storica, ma prospettica, sull`incapacità nel futuro di adempiere non solo alle obbligazioni assunte, ma anche a quelle prevedibili nel normale corso dell`attività.
Il documento suggerisce, al fine di individuare le aree di insistenza dei due fenomeni, un`impostazione che non escluda la possibilità di ricorrere a dati contabili, ma solo nella prospettiva della loro capacità di segnalare future difficoltà. Viene precisato in tal senso, però, che un`analisi condotta con l`utilizzo individuale di singoli indicatori contabili può risultare sterile, specie se non si effettua un confronto nello spazio e nel tempo o non si incrociano le risultanze con le molteplici dimensioni aziendali (economico-finanziario-patrimoniale). Inoltre, deve essere mantenuta una visione dinamica basata su prospettive di programmazione aziendale.
Ne risulta la necessità di mantenere approcci specifici per indagare le due fattispecie in esame. Si specifica, infatti, che mentre possono essere conosciuti indicatori univoci dello stato di insolvenza, non si può altrettanto dire dello stato di crisi antecedente tale insolvenza. Segnalazioni quali omessi versamenti erariali o contributivi non consentono la necessaria tempestività volta a rimediare a situazioni di crisi; ne deriva, quindi, la necessità di adoperare una visione molto più generale e preventiva.