Le Imposte indirette nel patto di famiglia

Pubblicato in Ratio News

La fondazione dei commercialisti sul finire di ottobre ha pubblicato uno studio incentrato sul trattamento civile e fiscale del patto di famiglia. Si tratta di un argomento molto rilevante in quanto nella prassi viene spesso utilizzato per salvaguardare l’impresa nei passaggi generazionali.

L’istituto del patto di famiglia nasce dall’esigenza di tutelare il bene azienda, intesa come attività imprenditoriale, in quanto bene sociale e non individuale. Si tratta di una tutela che agisce principalmente in caso di passaggio generazionale delle piccole e medie imprese, normalmente a conduzione familiare. In tali circostanze, infatti, spesso si è soliti assistere a un processo di disgregazione del patrimonio.

L’istituto in esame amplia le possibili soluzioni prospettate, al fine di preservare l’integrità sociale, all’imprenditore ancora in vita. Opzione chi si aggiunge alla donazione di azienda, oppure, alla vendita dell’azienda o, ancora, al trust. Tali altre soluzioni però difficilmente sono orientate al rispetto delle quote di legittima e pertanto risultano fortemente esposte alla possibile azione di riduzione. Sotto il profilo impositivo, l’Agenzia evidenzia come il patto di famiglia sia un atto a titolo gratuito sottoposto a onere in quanto per i trasferimenti non sono previsti i corrispettivi e non vi è inoltre lo spirito di liberalità che sottende una donazione. L’onere quindi grava sull’assegnatario dell’azienda e consiste nel liquidare gli altri partecipanti per i valori a loro spettanti. Sotto il profilo dell’imposizione indiretta si fa presente che il patto di famiglia esula completamente dall’ambito di applicazione dell’imposta di registro, ma sotto il profilo Iva si fa presente che non rientra nell’ambito di applicazione del tributo una cessione di aziende, o rami aziendali, in quanto non considerate cessioni di beni (mancanza del presupposto oggettivo). Qualora, invece, oggetto del patto fossero le partecipazioni sociali, l’operazione deve essere classificata quale cessione esente Iva ex art. 10 DPR 633/1972. Per quanto concerne, invece, l’imposta di donazione, essa deve essere applicata a tutti i trasferimenti previsti nel patto di famiglia e negli eventuali relativi atti. Si fa però presente che il trasferimento di azienda non è soggetto all’imposta qualora i beneficiari (coniuge o figli) si impegnino, con contestuale dichiarazione, a continuare l’esercizio di impresa per almeno un quinquennio dalla stipula dell’atto. Tale previsione si applica solo qualora si sostanziasse una cessione di partecipazioni tale da attribuire il c.d. controllo. Ne consegue che l’eventuale trasferimento di partecipazioni che non presuppongono il controllo sia soggetto all’imposizione. Nel caso in cui l’assegnazione dell’azienda o le sue compensazioni includessero il trasferimento di immobili, con conseguente trascrizione nei registri immobiliari e volture catastali, a tali valori devono essere applicate le imposte ipotecaria e catastale. Per quanto concerne il trasferimento dell’azienda, dal momento che non è prevista la non assoggettabilità del tributo sulla donazione, detta esenzione e usufruibile anche nell’ambito delle imposte ipotecarie catastali.

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