La revisione dei debiti finanziari

Pubblicato in Ratio News

La revisione dei debiti finanziari, a differenza di quelli commerciali, può risultare più complessa qualora ricorrano le condizioni per la valutazione secondo il criterio del costo ammortizzato. Il presente contributo illustra in maniera sintetica gli elementi da considerare nella revisione di tale poste di bilancio.

È frequente che le imprese, specie in fase iniziale, non sono in grado con il solo capitale e il flusso finanziario auto-generato di adempiere a tutte le obbligazioni. Ricorrono quindi a strumenti di supporto finanziario che si traducono a livello di bilancio in debiti finanziari, in molti casi di durata superiore a 12 mesi. Questi debiti possono essere riferiti a soggetti terzi, quali banche e obbligazionisti, oppure agli stessi soci. Alla luce di tale scenario, è compito del revisore quello di porre in essere tutti i necessari test volti a verificare che la rappresentazione di tali poste di debito con contenga errori significativi.

La prima asserzione da verificare e senza dubbio quella dell’esistenza e della completa esposizione (con particolare enfasi sul tema della completezza). Per far ciò è necessaria la conferma esterna (circolarizzazione degli istituti di credito) e poi l’effettuazione, in base alla documentazione ricevuta, di una riconciliazione tra i saldi esposti e quelli rilevati. Verificata la completezza, l’attenzione si sposta sull’asserzione della valutazione, analisi che invece non tocca la posta dei debiti commerciali perché generalmente iscritti al valore nominale. Mentre infatti i debiti correnti possono essere espressi al valore nominale, i debiti con duration più elevata devono essere iscritti al costo ammortizzato (nelle società che redigono il bilancio in forma estesa). Tale criterio valutativo, così come disposto dall’art. 2426 c.c., implica che il valore iniziale di iscrizione del debito non avvenga al semplice valore nominale, bensì al valore nominale al netto dei costi di transazione, ovvero i costi inziali per ottenere il finanziamento. Inoltre, oltre al problema di iscrizione, il valore del debito ogni anno deve essere riadeguato in considerazione della ripartizione in chiave finanziaria di tale differenza di prima iscrizione. Il costo ammortizzato prevede che gli interessi passivi siano rilevati a conto economico in funzione del tasso di interesse effettivo, ossia il tasso che attualizza i pagamenti e gli incassi futuri stimati lungo la vita utile dello strumento finanziario, e non del tasso di interesse nominale, nonchè che i costi accessori siano spalmati a garanzia della costanza nel tempo del tasso di interesse. Il revisore dovrà quindi confrontare il tasso di interesse effettivo con il tasso di interesse di mercato, ossia il tasso che si sarebbe applicato se le parti fossero state indipendenti e avessero negoziato una posizione comparabile con quella in esame. Nel caso di scostamento significativo tra questi due valori, è necessario utilizzare il tasso di interesse di mercato per l’attualizzazione dei flussi finanziari futuri e la determinazione del valore iniziale. Se l’applicazione della tecnica del costo ammortizzato conduce ad un valore coincidente con quello nominale (assenza di costi e applicazione dei costi di mercato), la verifica dell’asserzione della valutazione non si rileva complessa. Al contrario, in presenza di uno scostamento rilevante tra questi due valori sarà necessario effettuare test per verificarne la corretta applicazione. Va infatti considerato che in caso di applicazione del costo ammortizzato il valore del debito iscritto in bilancio non coinciderà con quello indicato nella circolarizzazione, nella quale sarà sempre riportato il valore nominale.

Il criterio del costo ammortizzato può essere disapplicato se si ritiene che la sua applicazione con produca effetti rilevanti, in questa prospettiva il revisore deve comunque valutare se tale disapplicazione risulti condivisibile.

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