Pubblicato in Ratio News
A metà novembre, la Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha pubblicato un interessante documento relativo alla disciplina del falso in bilancio nelle società non quotate. Il contributo esamina come il professionista possa arginare il rischio di concorso al relato posto in essere dal suo cliente.
La disciplina delle false comunicazioni sociali si differenzia a seconda della natura dei soggetti coinvolti. Per quanto riguarda le società non quotate si rimanda a quanto contenuto all’art. 2621 c.c., mentre per le società quotate si fa riferimento all’articolo 2622 c.c.. Per entrambe le seguenti fattispecie, però, il fatto illecito è sanzionato come delitto.
I soggetti attivi che possono quindi essere rei di false comunicazioni sociali sono gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione documentazione contabile, nonché i sindaci e i liquidatori. Si fa, infatti, presente che la maggior parte dei reati societari, così come quelli fallimentari e tributari, rientrano nella tipologia dei c.d. reati propri in quanto possono essere commessi unicamente dal soggetto cosiddetto “intraneus”, ovvero colui che riveste una posizione qualificata. Inoltre, vi sono alcune previsioni che estendono la responsabilità al professionista nel caso di illeciti penali commessi dall’imprenditore, o da alcuni di questi soggetti c.d. qualificati. Infatti, come evidenziato dalla Sezione II della Cassazione, al professionista (commercialista) non è consentito seguire direttive illecite del cliente. Dunque, in tale circostanza è auspicabile che il professionista declini l’incarico. Nell’ipotesi in cui ciò non avvenisse, il professionista sarà penalmente responsabile in concorso con il cliente. A ciò, la Sezione V ritiene che qualora sia lo stesso professionista a indicare in concreto la via per porre in essere un atto illecito, o ancora lo adotti di persona, si pongano le basi per l’incriminazione per concorso. Viene infatti specificato che chi dovesse contribuire a porre in essere artifizi contabili per una futura dissimulazione delle reali condizioni economiche, offra un contributo causale determinante nella realizzazione alla condotta criminosa, soprattutto quando le competenze tecniche siano tali da rassicurare l’amministratore sull’efficacia della dissimulazione.
Il documento suggerisce quindi, al fine di evitare che vi sia un’estensione della responsabilità penale in capo al professionista, di una prospettazione, in applicazione della normativa tempo per tempo vigente, delle diverse soluzioni giuridiche, evidenziando per ciascuna i vantaggi e gli svantaggi, ma anche rappresentando le condotte da evitare in quanto rilevanti sotto il profilo penale. Ciò al fine di rendere il cliente informato e permettergli di intraprendere scelte consapevoli in piena autonomia. Estensione che non sussisterà per il professionista in caso di rinuncia all’incarico conferitogli.
Si fa inoltre presente che non tutti i bilanci difformi dalla realtà devono essere ritenuti necessariamente causa di pregiudizio nei confronti di terzi. I bilanci errati non sono necessariamente falsi sotto il profilo penale. Infatti, in assenza dell’elemento psicologico non si configurano come reati.